Gogna mediatica

L’argomento è pessimo, non ne parlerei nemmeno (e infatti non ne parlerò) però brancolando nella situazione enunciativa emergono degli atti degni di menzione, che meriterebbero una considerazione riguardo le implicazioni patemiche delle espressioni pubblicate, nonché riguardo il costruirsi del senso dentro questo ambiente interumano digitale (internet, sì)

Ovvero: c’è questa notizia di cronaca orribile in cui viene resa nota l’efferatezza criminale di un tipo dell’Oklahoma, che ha rapito ucciso tormentato una bambina di dieci anni, e si accingeva pure a mangiarsela, giusto per scoprire che sapore ha una vita ancora da cominciare.
La sua di lui vita, infatti, era parecchio da giornata uggiosa: una vita solitaria, da disperato forse nemmeno cretino, che va a dormire alle 20.30 per alzarsi alle 3.00 ed andare a lavorare fino a metà pomeriggio, senza socialità , senza relazioni, consapevole di certe idee strane che gli giravano per il cervello, con due blog tramite cui relazionarsi con il mondo ed esprimersi.
Uno è qui, l’altro è qui.

Come prevedibile, migliaia di persone si sono recate sui blog dell’assassino, lasciando commenti ai suoi post, insultandolo, mostrando foto di morti sul patibolo, augurandogli le peggiori sofferenze, pregando per lui, reclamizzando altri blog e altri siti, facendo capolino pur di dire “io c’ero”.
Come per la “bacheca dei morti” di cui scrissi, non c’è nulla di cui stupirsi, ché il comportamento mediatico di queste persone è lo stesso che si avrebbe qui su Mondo 2.0, dove le persone geograficamente vicine si sarebbero recate a casa dell’omicida, per scrivere sui muri oppure lasciare nella sua buca delle lettere missive dal tono simile a quelle sudescritte, eccezion fatta credo per quelle a carattere pubblicitario.

Quello che cambia, è il carattere pubblico di questi interventi, il loro essere fatti per essere letti, la nascita di discorsi e di botta e risposta tra i commentatori, che porta la situazione comunicativa ad assomigliare maggiormente al genere letterario formato dal testo messo in scena da “attori” riuniti a capannello, fisicamente, intorno al luogo del delitto, o perlomeno al suo segno mediatico, questi blog che stanno per i luoghi dell’espressione, il posto dove si parla, l’androne della casa in cui viviamo, la soglia (i gangheri) tra pubblico e privato.

Vi sono implicite conferme di categorie valoriali, allineamenti interpersonali, formazione di identità personale e discorsi di gruppo, espressioni emotive forti tra la rabbia il livore la compassione e la sofferenza sottoscritte e riprese da altri, configurazioni discorsive di superficie riassumibili stilisticamente nei luoghi retorici dell’invettiva, della giaculatoria, dell’analisi scientifica della scena del crimine, narrazione dal tono grandguignol, accorato, sussurrato o violentemente urlato, mentre la ripresa di parola altrui porta alla solidarietà interumana, al rafforzamento della condanna sociale, ed in fondo alla consapevolezza che la socialità nel suo sforzo di civiltà costituisce l’unica pratica condivisa su cui poter edificare noi stessi e la collettività in cui viviamo, nel nutrirci di idee ed opinioni e dar così senso agli accadimenti.

Quali aspetti potrà assumere questa valvola di sfogo/luogo di conferma interpersonale nel futuro della rete? Nasceranno community strane, suppongo.
Etica/etichetta_ Osceno_ Umana_ Forma/formula_


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