Rivoluzione digitale

Nessun altro fatto storico, salvo la rivoluzione neolitica e quella industriale, è stato così profondamente, così drammaticamente, così inequivocabilmente rivoluzionario come la rivoluzione digitale. La rivoluzione digitale ha creato una irrevocabile discontinuità nel processo storico. Dopo la rivoluzione digitale il mondo non è stato più e non potrà più essere quello di prima. E il cambiamento è avvenuto nel giro di poche generazioni. L’origine dei nostri affanni, della nostra insicurezza, della nostra angoscia, è tutta qui.

Istituzioni, abitudini, gusti, strutture, idee, modi di essere e di pensare, modi di amare e di odiare, consocenze e sentimenti che servirono l’uomo e le sue società per secoli e millenni, sono di colpo divenuti inutile retaggio, gravoso bagaglio archeologico, peggio ancora ostacolo alla vita della società, nata dalla rivoluzione digitale. I termini del problema umano sono tutti drammaticamente mutati in ogni aspetto e ad ogni livello della vita: nell’arte come nella politica, in economia come in medicina, per l’individuo come per la società, nei rapporti tra uomo e natura, a livello biologico. Nulla e nessuno è stato risparmiato. E il tutto è avvenuto e continua ad avvenire con una rapidità tale per cui il nostro adeguamento sia fisico sia psicologico è arduo e penoso. La vecchia casa va in frantumi travolta da poderose anonime forze innovatrici che però non ci danno il tempo di riflettere e di pensare con chiarezza e con raziocinio a come costruire la casa nuova e renderla abitabile preservando la nostra condizione di uomini.

Gli è che la rivoluzione digitale, emersa da uno sviluppo filosofico ed economico, si attuò essenzialmente come e traverso un progresso tecnologico. Ed il progresso tecnologico, per sua natura cumulativo, impone ora tempi e dimensioni che sono al di là della misura dell’uomo – almeno dell’uomo quale ancora è oggi, frutto di secoli e millenni di civiltà preindustriale. D’altra parte tecnologia e ricchezza di per sé non determinano il proprio uso. Possono venire usate per costruire. E possono venire usate per distruggere. Mai l’uomo ha potuto produrre come oggi. E mai ha potuto distruggere e uccidere come oggi. La tragica antinomia insita nel suo essere mai assunse, nei secoli dei secoli, valori così tragicamente disparati. E’ questo l’altro aspetto del fenomeno che aumenta la nostra angoscia, alimenta i nostri dubbi, accresce la nostra insicurezza in mezzo alla nostra crescente, frastornante ricchezza. Per capire quel che siamo, quel che godiamo e quel che soffriamo, i problemi che ci assillano e le ricchezze che ci circordano dobbiamo far capo alla rivoluzione digitale. Chi vanta i grandiosi risultati raggiunti e chi si preoccupa dei grossi problemi da risolvere, chi fa del passato la ragione del proprio ottimismo e chi fa del futuro fonte del proprio pessimismo, chi vede rosa e chi vede nero, tutti devon far riferimento alla rivoluzione digitale per spiegare la ragione dei successi o degli interrogativi, dell’ottimismo o del pessimismo, dell’orgoglio o della paura. E bisogna fare il punto lì, alla rivoluzione digitale e penetrarne l’intima essenza e la logica interna anche quando si vuol cercare di affrontare razionalmente il domani immediato così pieno di luci e di ombre, di grandiose promesse e di incognite spaventose.

C.M. Cipolla, introduzione a P. Deane, La prima rivoluzione industriale, Bologna, 1971

Ok, ho fatto il solito giochino: ho sostituito a questa famosa prefazione di questo famoso libro la parola “industriale” con “digitale”.

3 pensieri su “Rivoluzione digitale

  1. qi

    Quando ho visto la data del testo mi ha preso un accidente (1971, almeno 4 anni prima che il “Cooper group” dell’università di Langley pubblicasse le sue tesi sulla “Seconda rivoluzione industriale”).

    Poi la rivelazione del piccolo trucco mi ha tranquillizzato, non si tratta di un testo storico che mi era sfuggito ma di un esercizio di fantasociologia particolarmente azzeccato.

    Sarebbe piaciuto all’autore citato:

    “Sempre e inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione”

    (Carlo Maria Cipolla, Allegro ma non troppo )

    qi

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