Vorrei sapere

A Udine hanno intercettato delle telefonate, e si è scoperto che un imprenditore, un avvocato e un albergatore (i nomi, personaggi noti, sono in cronaca sul giornale locale) organizzavano i giretti di troiette per “un noto esponente di Forza Italia”, in occasione delle visite di quest’ultimo qui in Friuli nel corso dell’ultima campagna elettorale. Fin qua, tutto rego, raga.
Però il politico, giustamente non indagato, rimane sconosciuto. O almeno, il suo nome non compare sulla stampa.
E invece io vorrei proprio sapere come si chiama, vorrei sapere se si tratta di un parlamentare, giusto per valutare la sua coerenza nel caso in cui si debba votare in Parlamento qualcosa tipo la legalizzazione della prostituzione.
Che poi il politico continui a fare quello che gli pare della sua libertà (senza intralciare la mia), ma se si dovesse comportare come il classico ipocrita sepolcro imbiancato, ecco, vorrei saperlo. O almeno credo vorrebbero saperlo i suoi elettori (sempre ottimista, io).

6 pensieri su “Vorrei sapere

  1. la Morete

    Quello che mi disturba è che comunque la cosa non fa quel grande scandalo. Proprio perchè e sua vita privata… Privata un corno quando una persona qualsiasi USA un’altra. Ed è molto grave che si tuoni contro le organizzazioni criminali che controllano la prostituzione e poi si sia disposti a sorridere se invece ci siamo dentro noi (e dico noi con sommo schifo). Ciao.

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  2. Giorgio Jannis

    Beh, quello che fanno a letto due adulti, consapevolmente, non è argomento che debba riguardare nessuno, tantomeno lo Stato. Foss’anche vendere il proprio corpo.
    Credo che ognuno di noi abbia il diritto di fare ciò che vuole del proprio corpo, della propria mente… e intendo fine alle estreme conseguenze.

    Qui il problema però riguarda un politico, il cui fare consiste nello stabilire ciò che gli altri possono o non possono fare.

    E in questa italietta spesso i potenti fanno quello che gli altri non possono fare (tuffarsi in zone protette, cambiarsi i giudici…).

    Certo, vorrei che i politici rinunicassero a certi loro privilegi, fossero consapevoli di essere personaggi pubblici, mostrassero con trasparenza la loro rettitudine pubblica e privata; ma questo non si può imporre, tant’è che in questi casi si fa ricorso ad una nozione di moralità che qui da noi (all’estero è diverso) vale meno di un panino con la mortazza.

    Però la stampa quel nome potrebbe dirlo.
    Però quel politico, se ritiene di non aver fatto nulla di male, potrebbe dire il suo nome.

    Perché quell’uomo poi in Parlamento voterà leggi che condizionano la mia vita, e a me piacerebbe sapere se lui stesso segue ciò che promuove. Tutto qui.

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  3. la Morete

    Non sono del tutto d’accordo con la prima parte del tuo commento. Perchè prostituzione potrebbe significare scelta consapevole, volontaria, dettata da un desiderio intrinseco. Ma potrebbe significare necessità e allora è già diverso (va bene si lavora spesso per necessità, ma c’è chi fa lavori sporchi e chi lavori puliti dove sporco non è quello del meccanico, ma per es. quello dello spacciatore) e potrebbe anche significare sfruttamento e questo è schiavitù. Quando vai con una prostituta le chiedi prima di quale categoria fa parte e poi decidi se fa per te?

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  4. Giorgio Jannis

    L’argomento qui trattato riguarda la nostra liceità nel giudicare un politico anche dai suoi comportamenti privati.
    Per i normali cittadini, la privacy è sacrosanta. Per un politico vorrei che la sua moralità fosse specchiata, e che conseguentemente lui stesso in prima persona non avesse nessun timore nel rendersi completamente trasparente al pubblico giudizio, dal conto in banca alle sue amicizie ai suoi comportamenti sessuali. Perché il suo lavoro è proprio quello di decidere cosa gli altri possono o non possono, devono o non devono fare. Come dicevo nel post, sono ottimista.
    Ma vorrei che per lui la privacy fosse “un po’ meno”.

    Ora ti rispondo.
    Io non vado a puttane. Dovessi farlo, andrei in Austria o in Germania o in Cechia o in Slovenia o in Olanda, dove tutto è legale. Donne professioniste, consapevoli e consenzienti, sane, che pagano le tasse.
    Nazioni lontane da questa ipocrita italia cattolica e repressiva, fatta di preti pedofili, di ragazzine troieggianti perché fare le veline è la loro massima aspirazione, e di bravi papà che votano Lega per sbattere via i negri e poi la sera si sbattono la negretta sedicenne, trovata facilmente sotto il lampione della via di casa.

    Cerchiamo di capirci: per me vendere sé stessi non è né reato né colpa né peccato né riprovevole, mi è indifferente. Anzi, ripeto: credo sia un diritto di ciscuno poter disporre liberamente del proprio corpo e della propria mente, nel modo che ritiene, purché senza arrecare danno ad altri.
    Chiaramente se mi presenti il problema dei minorenni o delle persone costrette da altri a prostituirsi, ti dò ragione; ma appunto siamo fuori dal mio ragionamento.
    Ora ti aspetta una scelta: o continui a lamentarti della prostituzione (che in italia non è reato, ricorda) ma continui a lasciare le cose come stanno, e quindi quando passi per Udine di notte (Udine! mica Milano) fai un giro dalle parti della stazione e vedi le ghanesi minorenni che scopano coi clienti sui cofani delle macchine parcheggiate, oppure provi laicamente e pragmaticamente a cercare di risolvere il problema legalizzando e regolamentando l’offerta sessuale a pagamento, come appunto Paesi meno ambigui e più laici del nostro fanno da anni, con ottimi risultati nei termini di lotta al prossenetismo.
    Ciao :)

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  5. la Morete

    Il mio tu non era riferito a te, ma aun tu più generale con un sacco di gente dentro.
    Quello che tu dici è verissimo. Il lavoro che farei io purtroppo è utopia, ma non credo sia una battaglia persa. Il gioco dei media poi su questa faccenda come su un sacco di altre notizie vergognose come omicidi, violenze, preti pedofili, è davvero da mettere sullo stesso piano dei reati che straraccontano perchè stuzzicano attenzioni, desideri nascosti e con la loro amplificazione giustificano tutto. E poi c’è il contagio. E credo tutto sommato sia una sensazione piacevole denunciare di violenza una persona che ti sta sulle scatole (magari lo fai dieci anni dopo quando la tua mente ha rivisto lo stesso film migliaia di volte e lo ha perfezionato). Perfino facile.
    Quello che vorrei fare io, è utopia, ma non una battaglia persa, è dirti (tu generico) che hai dentro di te (generico) un piccolo Calimero. Bianco. Ma è personale, capisci? Ognuno dentro di sè. Questo è il guaio: non si può fare un lavoro di massa. E per questo non è battaglia persa.
    Ed è anche quello che posso fare io.
    Mandi

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