Buttarsi in politica? Aprire un blog

Il blog personale del governatore regionale diventa un vero Luogo di comunicazione politica, e questo significa che il prossimo governatore dovrebbe avere già oggi un blog, o comunque abitare la rete con atteggiamento partecipativo alla Grande Conversazione e con una identità delineata. Magari, e rendiamogliene atto, un blog come questo di Tondo, da sempre scritto in modo colloquiale e a volte conviviale, capace di raccontare semplicemente le azioni pubbliche e le riflessioni spicciole della persona renzotondo, ma proprio grazie a questa impostazione stilistica un blog da cui ricaviamo scintille di passione, posture esistenziali, il famoso “lato umano”, che da altre parti non può emergere, soffocato da linguaggio burocratese o politichese o da freddi comunicati stampa.

Orbene, potrebbe succedere un putiferio.

Tondo ha pubblicato una “lettera natalizia” da parte di gente che l’ha votato, e che però ora ha capito che i politici sono tutti delinquenti e quelli del PdL in particolare e quindi lo affanculano, però la lettera è firmata però le firme sono inintelleggibili tranne forse qualcuna che in fondo chi mi dice che non sia falsa e quindi perché ‘sta gente non si palesa sul blog e vuole provare a riproporre le domande lì in pubblico e così vediamo cosa risponde il governatore?

Ecco, avete capito.

Agorà politica, vera. Con nomi e cognomi, prese di posizione, discussioni, possibili risse e giustificazioni e “non intendevo dire questo”, però lo hai detto in un luogo web che ormai è defacto Luogo ufficiale di comunicazione politica, anche se l’impostazione è colloquiale e personale. Vedremo.
Come pure vedremo quali personaggi locali, oltre a Tondo e Tesini e a pochi altri che già da qualche tempo abitano in Rete in maniera dignitosa (conversazionale), sapranno esprimersi pubblicamente, in un dialogo continuo con sostenitori e critici, e perla mordi dio non con dei blog fasulli aperti giusto per farsi belli nell’ultima occasione elettorale pubblicando proclami e impegni e poi polverosamente abbandonati.

Tra qualche anno avremo nell’aggregatore tutti i blog dei politici locali, e quando si tratterà di andare a votare richiamare alla memoria il tal personaggio o talaltro, le sue azioni il suo stile i suoi atteggiamenti, avverrà con la forza di migliaia di righe di testo autografe, possibilmente decine di video e fotografie, ed il tutto contribuisce a rendere esponenzialmente più netta ed informata la percezione che ognuno di noi possiede dei personaggi pubblici della politica.

En passant, sono favorevole al fatto che per le prossime elezioni sia possibile, senza incorrere in reati tipo assembramento o riunione non autorizzata, salire su una cassetta della frutta in una piazzetta qualsiasi e perorare la propria causa, che è il modo migliore di bloggare politicamente quando ci serve poter bloggare anche nel mondo atomico, non solo in quello bittico.

7 pensieri su “Buttarsi in politica? Aprire un blog

  1. matteobaldan

    Credo che Geert Lovink abbia molta ragione nel sostenere che “i blog determinano il sociale in una forma specifica […]: riflettono l’atmosfera culturale del nostro tempo.”

    Questo comporta che il blog può essere un buono strumento per un politico fermo su posizioni tendenzialmente conservatrici, ma poco proficuo per chi voglia andare controcorrente. Per quanto siano ben poche le forze politiche veramente riformiste in campo.

    La “controcultura” (tutte le forme di pensiero non mainstream) mi sembra che si sposi ancora bene con gli strumenti della prima Internet (una internet sostanzialmente anonima), dominata dall’e-mail.

    M. B.

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  2. Giorgio Jannis

    Ciao Matteo!
    Francamente, non colgo appieno il tuo riferimento.
    Se vuoi aggiungi due linee: non capisco perché lo strumento blog, nella sua specificità (e se nella frase di Lovink metti “stampa” al posto di “blog” cosa cambia? non si possono forse individuare dinamiche di modificazione sociale sulla spinta del ruolo informativo/riflessivo dei media, fossimo anche nel ‘700?) sia maggiormente portato al mantenimento statusquo piuttosto che strumento di cambiamento.

    Nel secondo caso, parlerei ormai con buona cognizione di controculturE, ovvero delle diverse forme di controcultura che una storia dei movimenti ci insegna.
    I carbonari o i movimenti anni ’70 non potevano fare altro che guerriglia mediatica, inventandosi luoghi di espressioni alternativa (ciclostile, tazebao) ovvero usando gli strumenti stessi del potere (stampa e broadcast radiotelevisivo), i quali però erano visti come qualcosa da conquistare, perché sono strumenti uno-a-molti, appunto broadcast, praticamente da subito assoggettati a enti governativi e ultimamente commerciali, e quindi la controcultura non poteva fare altro che usare gli stessi strumenti (ma c’è un problema economico nel fondare una tv o un giornale…) oppure abitarli in modo alternativo (fare telestreet nei coni d’ombra delle tv commerciali, ad esempio).
    Ma in Rete questo non serve: su terreno neutro, tutti possono esprimersi, e avere visibilità e raggiungibilità. I blog sono lì a dimostrare questo, e sappiamo che si tratta di una forma letteraria ormai piuttosto stabilizzata nel panorama della comprensibilità comune, ovvero non crea grosso problema in chi per la prima volta ci sbatte contro, al di là dei contenuti.
    A questo punto, la controcultura o continua gioiosamente a sabotare e de-localizzare i canali mainstream, con le tecniche classiche da agit-prop (nomi di penna, incursioni mediatiche, scandali creati ad arte, frequenze pirata, sabotaggi come sfacciamenti ai siti istituzionali, parodie tipo istruzione.net o gelminate, etc), oppure bisogna rendersi conto che le innovazioni tecnologiche permettono veramente di avere dei luoghi di discussione collettivi e partecipativi, dove poter parlare di tutto con libertà di espressione che laicamente vorrei venir riconosciuta a tutti al massimo livello – e la mia idea di livello al momento contempla delle libertà di espressione che attualmente vengono considerate reati: io vorrei la gente veramente libera di dire tutto quello che passa loro per la testa.

    Per questo vedo e prevedo che i luoghi come il blog di tondo, luogo conversazionale vero che abbiamo qui in regione, come pure spero il blog del prossimo governatore chiunque sarà, diventeranno dei veri luoghi di politica attiva, palestre di cittadinanza biodigitale, come si suol dire agorà.
    Se vogliono, i controculturisti ehehhe usino pure gli strumenti dell’anonimato e le altre cose che la rete permette benissimo, ma sono azioni sociali molto 1.0, pensate nei loro modi ai tempi dell’invenzione del telefono.
    Oggi possiamo avere la tranquillità di persone che firmandosi con nome e cognome esprimono sé stesse e le proprie opinioni, e direi che in questo caso di democrazia 2.0 possano venir fuori belle cose.

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  3. matteobaldan

    Ciao Giorgio,
    ecco, io penso che il mezzo di comunicazione, la tecnologia, non sia neutro. La stampa, per esempio, è altro dai media digitali per diverse ragioni, ma soprattutto per il fatto che la carta produce una stimolazione sensoriale diversa e perché chi legge libri e giornali ha, tendenzialmente, un altro bagaglio culturale rispetto al popolo del web, con tutti i distinguo che un’affermazione così generica richiede, ovvio.

    Tra le tecnologie di comunicazione dell’era Internet il blog (intendo il classico weblog tenuto da un autore e su cui X persone commentano) si è contraddistinto come un mezzo fortemente autoreferenziale e l’autoreferenzialità dei blog è stata tra l’altro un tema piuttosto dibattuto online.
    Di Lovink citavo il secondo capitolo del suo saggio ‘Zero Comments’ in cui, in termini forse un po’ apocalittici, sostiene che bloggare è una risposta ad un impulso nichilista. Per chiarimenti ti rimando però direttamente al libro.

    Sercondo me per parlare di blog occorre ad ogni modo fare alcune distinzioni. Da una parte il software, dell’altra il progetto di chi blogga. Per intenderci è possibile anche aprire un blog esclusivo in cui si entra solo autentificandosi; si può scrivere senza permettere di lasciare commenti e vai dicendo.
    Ma torniamo al blog del presidente della regione. Se scrivo sul suo blog converso con qualcuno? No, direi di no, lui ed io non ci conosciamo e poi ciò che viene scritto può essere letto da chiunque (questo ricorda un po’ le lettere al giornale). E poi lui è nella condizione di pubblicare solo i commenti che ritiene opportuni, può perfino far scrivere e commentare dai suoi collaboratori.
    Ma se anche potessi rivolgermi pubblicamente a lui sul web con la mia identità, perché mai dovrei farlo? Per farmi un’idea sul suo operato non mi basta confrontare il suo programma elettorale, se mai ne abbia sottoscritto uno, con le sue scelte politiche per valutarne la coerenza e l’efficacia?
    In ogni caso penso che per l’attuale governatore l’idea di mantenere attivo il blog sia una scelta conveniente, se non altro perché è un investimento poco oneroso (blogspot, meno di così!) in vista delle future scadenze elettorali in cui il suo sfidante partirà quasi certamente con lo svantaggio di avere un dominio appena registrato, non indicizzato, zero post…

    Va bene, il tema “blog e comunicazione politica” è piuttosto impegnativo; spero di aver chiarito almeno in parte il mio pensiero. Magari ci scriverò su un post ad hoc ;)

    M.

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  4. Giorgio Jannis

    Ti commento punto a punto: siamo ancora in fase di “pulizia dei bisturi” (ovvero, disquisizioni sul significato rispettivo che diamo ai nostri strumenti, le parole eheheh).

    Tecnologia non neutra
    Chiaramente un manufatto reca con sé una visione del mondo. La nascita di un media, in particolare, raddoppia il problema, perché oltre a essere un manufatto come un martello è anche un tramite per contenuti. E’ una inquadratura fotografica, che è già un “montaggio” dell’autore, un punto di vista che accoglie ed esclude. Ma in questo caso ci serve un “ecosistema dei media”, per comprendere la portata sociale (parte pragmatica della comunicazione, gli effetti del dire) dei contenuti veicolati ad esempio dai blog, e tutto quel extratestuale che io e te e chi abita un po’ in Rete conosce bene, ovvero ad esempio la capacità che abbiamo di giudicare la portata “politica” di una frase di tondo, da lui pronunciata sul suo blog.

    Blog autoreferenziali
    Autoreferenziali perché il bloggante parla di sé, o perché parla della blogosfera?

    Il blog di Tondo
    Secondo me, se commenti sul suo blog, stai facendo conversazione, sì. Termine da intendere come nello storico ClueTrain Manifesto, come partecipazione a momenti e ambienti di comunicazione pubblica, sì.
    Tanto più che Tondo, da blogger onesto, perfino risponde.
    Se poi non vengono fatti passare i tuoi commenti, puoi sempre dirlo nel tuo blog.
    In ogni caso, il fatto che un blog sia eventualmente moderato è già una infomrazione preziosa, per chi è già in grado di ragionare sulle forme etiche della società della conoscenza. Di che trarne indicazioni sulla persona, appunto, oltre che al suo fare pubblico politico.

    Tondo “lato umano”
    Son d’accordo con te, perché devo ammettere che anche un cretino può dire una cosa intelligente (absit iniuria…), ovvero in prima battuta per giudicare un politico va misurata la coerenza tra proposte e azioni concrete.
    Però quando andiamo a votare non siamo macchine razionali, e agiamo sulla base di spinte anche emotive o estetiche o veditu.
    Mi viene da pensare che i prossimi anni, per i professionisti della malapolitica, sarà tutto un affannarsi per costruirsi una identità mediatica da verginella di buone intenzioni, per nascondere magagne.
    E se questi persone qui dentro la Rete faranno ragionamenti 1.0, televisivi&stampa, da broadcast che pensano di avere il controllo sull’intero flusso di rappresentazione di sé negli ambienti digitali, prenderanno duramente botte nei denti, perché verranno facilmente sbugiardati.
    Insomma, una scelta di trasparenza come quella di tondo rispetto al proprio raccontare le giornate professionali e financo ludiche, proprio perché sostenuta da un stile colloquiale e sincero (che ripeto non intendo come “autentico”, ma comunque coerente e adeguato alla persona-tondo, tale da farla percepire come connotata di x e y) sarà una scelta vincente qui nel calderone della Rete, con le sue dinamiche di narratività.

    Qui urge chiacchierata :)

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  5. matteobaldan

    Sì, magari vis-a-vis ci si capisce meglio.

    Comunque, in estrema sintesi penso che i Media Digitali possano essere utili come strumento democratico di condivisione del sapere, ma non penso che automaticamente elevino il senso critico; anzi talvolta si corre il rischio di ottenere l’effetto contrario.

    E per elevare lo spirito critico, di tutti, anche il mio, non penso che basti diffondere l’accesso al sapere via Web ma credo che occorra anche sostenere un approccio critico all’informazione. Sulle strategie ci si può confrontare, ma in base alla mia esperienza ciò di cui la società è carente è una visione scientifica e razionale della realtà.

    A me sembra che molti politici offrano già parecchi argomenti per metterne in discussione sia l’operato che l’onestà intellettuale, anche solo leggendo i giornali o guardando la televisione.

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  6. Jaio

    La cassetta sulla piazza fa pensare ormai al Speakers Corner di Hyde Park. Per anni,sulla sua cassetta-piedestallo c’é stato un tatuato dalla testa ai piedi che attirava gente allorché non aveva niente da dire. OK, se é solo la domenica mattina per qualche turista di passaggio. Mi sembra che invece al blog si avvicinino tutti e c’é perfino quello del papa e quello di Obama…Serve forse a loro per far sapere in diretta come batte il cuore della società.
    Jaio

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  7. Giorgio Jannis

    Ciao Jajo
    La mia battuta significava questo: in Rete chiunque può aprire un blog, e fatti salvi i comportamenti che costituiscono reato (offese, diffamazioni, apologie varie), scriverci di qualsiasi argomento.
    Nel mondo fisico questo non è possibile, perché a fare speaker’s corner in italia si finisce arrestati.
    E sono molte le cose che il mondo fisico potrebbe imparare da quello digitale.

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