La comunicazione nella Scuola

Qualche premessa.

Innanzitutto, ogni singola Istituzione scolastica va considerata come un’organizzazione lavorativa complessa. Abbiamo ruoli dirigenziali, ruoli amministrativi, docenti, personale tecnico o ATA, gli studenti stessi, le partecipazioni dei genitori. Ci sono organi interni per la consultazione e la rappresentatività democratica, meccanismi pluridecennali di tipo ufficiale (normati da regolamenti legislativi, in quanto Pubblica Amministrazione) per la circolazione delle informazioni e per il cammino dei processi decisionali, nonché responsabilità giuridiche nominali.

Abbiamo più volte visto su questo blog come le Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione, secondo le modalità della loro adozione per quanto promosse dagli stessi Ministeri nazionali, siano destinate a scardinare i delicati in quanto soffocanti burocratismi della Pubblica Amministrazione, dove le strutture di ricezione e di produzione documentale risalgono per lo meno a epoche antecedenti la comparsa del telefono cellulare.
Capite bene come la semplice posta elettronica potrebbe essere esplosiva, in un sistema organizzativo della comunicazione basato sul libro del protocollo, dove le singole mail vanno stampate per poter essere archiviate secondo i crismi ottocenteschi dell’ufficialità. E non sono pochi i dirigenti scolastici che si fanno stampare le mail dalla segretaria per la sola semplice lettura. Credo che in questi ultimi mesi le discussioni sulla PEC Posta Elettronica Certificata o sulle mansioni di chi è tenuto a curare la comunicazione da e verso la scuola (“non sono tenuto a farlo!”) abbiano reso incandescenti numerosissimi collegi docenti o assemblee di Consiglio di Istituto.

In realtà, il flusso documentale dell’istituzione scolastica è veramente notevole. Atti, circolari, delibere, comunicazioni, relazioni, valutazioni, permessi viaggiano a decine ogni giorno in ogni singola scuola, dove magari fino a ieri (letteralmente) esisteva una sola casella mail del tipo @libero.it, dove l’architettura del sistema informativo è a dir poco approssimativa.
E bisogna inoltre tener conto che avendo qui a che fare con una Pubblica Amministrazione, esistono da parecchi anni precise indicazioni ministeriali per la qualità della comunicazione sia interna sia esterna della scuola, ovvero sia per l’organizzazione dei sistemi di intranet, sia per l’allestimento di spazi telematici pubblici a sostegno della comunicazione scuola-territorio, a partire dal sito web ben progettato secondo usabilità fino alle newsletter e alla gestione degli spazi interattivi con i genitori degli allievi e con tutti gli operatori culturali che si trovano ad agire dentro la scuola.

E non siate sempre lì a pensare che se il sito web della scuola di vostro figlio assomiglia a una pagina html del 1998 (statica, raramente aggiornata, non interattiva, asettica ovvero poco identitaria) sia perché i dirigenti e gli insegnanti incaricati – per legge, come per legge è prevista l’esistenza di un URP Ufficio Relazioni con il Pubblico in ogni PA – di gestire gli spazi comunicativi siano ignoranti in materia di moderna comunicazione. In realtà, credo sappiano benissimo cosa andrebbe fatto, ma sanno altrettanto bene che tutto questo scardinerebbe appunto equilibri faticosamente raggiunti, intaccherebbe zone di potere personale, esporrebbe alla vista ciò che si preferisce nascondere, mostrerebbe senza filtri la farraginosità e la non-efficienza dell’organizzazione scolastica.

Ma la velocità della posta elettronica, del mondo che ci circonda, è lì che incalza, gli insegnanti sono dei sovversivi rivoluzionari che chiedono di poter usare GoogleMaps per fare didattica oppure di far scrivere i bambini dentro un blog (orrore!) oppure di poter partecipare a corsi di aggiornamento ministeriali in modalità e-learning senza dover usare il computer e la connessione di casa loro, oppure chiederanno che siano allestiti degli ambienti collaborativi a distanza per le progettazioni didattiche, vorranno provare a usare una lavagna interattiva multimediale magari realizzata in proprio con il telecomando della Wii, vorranno mostrare ai bimbi il filmato presente sul server senza dover andare in aula multimediale, vorranno poter disporre di sistemi di videoconferenza per gli scambi culturali con altre scuole magari europee, vorranno poi introdurre in classe diavolerie come twitter o usare dei social network o far scrivere su dei wiki o produrre podcast e videodidattici da pubblicare nelle community professionali degli insegnanti.
E la scuola vecchio stampo collasserà, imploderà silenziosamente perché i bit non fanno rumore, e da cieca muta e sorda diventerà un Luogo ricco di stimoli, normale, adeguato ai tempi e quindi trasparente, dove gli allievi imparano a essere cittadini vivendo in prima persona gli strumenti dell’abitanza digitale e territoriale, i media e i luoghi di espressione personale e gli archivi documentali, e non (quando va bene) semplicemente studiandoli. I dirigenti e gli insegnanti oscurantisti e passatisti vorrebbero star tranquilli dentro una bolla avulsa dal mondo e dalla socialità moderna, e invece si vedranno costretti alla modernità liquida della comunicazione capace di intrufolarsi e di svellere i muri dell’isolamento. E si accorgeranno di quanto la Scuola, come ogni individuo o gruppo o istituzione, possa guadagnare dal confronto e dallo scambio sociale nell’essere attraversata da molte idee e molti diversi atteggiamenti, dalla partecipazione alla vita concreta del territorio su cui abita con precisa responsabilità rispetto all’educazione delle nuove generazioni.

Oggi ci sono aziende con dieci dipendenti che utilizzano vantaggiosamente (per l’organizzazione interna, per la propria efficienza in quanto “macchina” lavorativa, per la gestione del cambiamento indotto dalle innovazioni) strumenti di comunicazione backoffice/frontoffice liberamente e gratuitamente disponibili sul web, mentre ci sono scuole abitate ogni giorno da duemila persone – un qualsiasi grosso istituto tecnico, per esempio, con centinaia di docenti e decine di amministrativi – che si comporta come se vivesse negli anni Settanta.

Bene, proprio da riflessioni sulla comunicazione aziendale – tratte da www.intranetmanagement.it – prendo spunto per provare a fornire alcune indicazioni su come potrebbero essere usati i nuovi strumenti comunicativi all’interno delle organizzazioni scolastiche, secondo i dettami di qiello che viene definito Enterprise 2.0, ovvero l’insieme di approcci organizzativi e tecnologici orientati all’abilitazione di nuovi modelli organizzativi basati sul coinvolgimento diffuso, la collaborazione emergente, la condivisione della conoscenza e lo sviluppo e valorizzazione di reti sociali interne ed esterne all’organizzazione (vedi wikipedia).

Il primo schema riguarda un’articolazione degli ambienti di pubblicazione utilizzabili dalla scuola, secondo gli assi della strutturazione dell’informazione e della sua “ufficialità/informalità”.

Il blog d’Istituto, in particolare se ben progettato e condotto, potrebbe diventare facilmente il principale Luogo pubblico della scuola, capace di connotare in modo originale l’identità della scuola, la sua immagine pubblica, la sua vocazione social senza che venga compromessa l’ufficialità del suo dire nella comunicazione con il territorio.

Il secondo schema rappresenta invece un’analisi della adeguatezza dei singoli ambienti/strumenti di comunicazione rispetto alle necessità tipiche di un’organizzazione lavorativa, dove in un auspicabile futuro prossimo le competenze digitali dei dirigenti e degli insegnanti dovrebbero immediatamente saper suggerire quale strumento specifico utilizzare per veicolare/pubblicare/avere feedback su ogni determinato contenuto, a seconda della sua complessità, della sua articolazione, della sua destinazione.

In questo caso credo che bisognerebbe dare più fiducia ai sistemi di microblogging (Twitter, sempre più in auge) per costruire flussi comunicativi costanti sia all’interno dell’organizzazione scolastica sia rispetto ai portatori d’interesse territoriali, al fine di potenziare l’effetto presenza, la visibilità e lo scambio dialogico.

6 pensieri su “La comunicazione nella Scuola

  1. Anonymous

    Mi trovo sulle stesse posizioni di Giorgio, anche se penso che tutto ciò che blocca la scuola dell’obbligo sul fronte della multimedialità sia semplicemente il denaro..a seconda del suo flusso si muovono gli insegnanti e i dirigenti, in mezzo ci sono genitori e studenti: genitori che pagano e studenti di scuole sprecone. Gli organi colleggiali aspettano una riforma che non arriverà mai..
    Qualunque porta smuova l’insegnante si trova di fronte alla frase non ci sono soldi!
    Lui si gira e vede gli sprechi di progetti impossibili:ma forse sono talmente fuori da essere fuori tema

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  2. epanto

    “Non e’ mai troppo tardi” – Le caselle di posta certificata e i corsi ai dirigenti, sono stati fatti nel 2001 in Piemonte… ma nonostante i freni imposti dal Ministero (Aprea, Musumeci hanno sempre sostenuto che eravamo troppo avanti e che bisognava pensare al resto dell’Italia), il progetto e’ diventato un’associazione di scuole (www.associazionedschola.it) e grazie al supporto delle fondazioni bancarie, si continua a fornire supporto gratis a tutte le scuole perche’ usino siti dinamici e collaborativi (su sharepoint http://share.dschola.it/default.aspx) e joomla (http://site.dschola.it/) e per gestire in modo efficiente e a basso costo le reti dei laboratori (http://www.associazionedschola.it/avogadro/soluzioni/default.aspx (soprattutto nelle scuole primarie) – Non c’e’ supporto istituzionale e non si sa come si continuera’ dall’anno prossimo ..
    Twitter? certo che si puo’ usare (http://techlearning.com/article/article.aspx?Id=20896)ma da li’ a dire che il web2.0 puo’ rendere la scuola meno burocratica …. vedo uno scollamento che aumenta fra chi va in classe (chi avra’ ancora la possibilita’ di andarci) e chi deve gestire le scuole senza soldi e con regolamenti che si contraddicono…

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  3. Giorgio Jannis

    Ringrazio l’Anonimo e ancora una volta Giacomo Mason, e rispondo brevemente a Eleonora.

    Non intendevo certo negare le positivissime sperimentazioni e progettazioni locali, che ho visto con i miei occhi (professionali) fiorire anche qui in Friuli Venezia Giulia.
    Il problema, come sappiamo, non è nella tecnica. E nemmeno nella Cultura Tecnologica, ovvero nella capacità di inquadrare correttamente il “discorso” delle tecnologie educative: i piani di aggiornamento per gli insegnanti (penso ai Fortic, e a tutte le migliaia di ore di formazione spicciola realizzate in questi ultimi dodici anni, per esempio) credo siano riusciti, anche se in misura minima per chi vorrebbe tutto subito (come me) a modificare la percezione e il comportamento degli insegnanti rispetto all’effettivo supporto alla didattica che le tecnologie possono offrire.
    Il problema è culturale, risiede nella capacità (qui penso a Uffici scolastici regionali e Dirigenti, sì) di mettere a sistema le buone pratiche che gli insegnanti, spesso con passione personale e impegno non retribuito, hanno saputo sviluppare negli anni, la capacità di ri-progettare la scuola e la didattica intorno alle nuove significative modalità del fare scuola oggi emergenti.
    Per chi non capisce queste cose, per chi non abita in rete, tutto questo (come segnali anche tu) resta un giochino per ragazzetti, e una volta che finiscono i finanziamenti tutto muore, secondo un copione troppe volte visto.
    Figuriamoci per un dirigente impaurito dalla massa di responsabilità che negli ultimi anni gli hanno messo sulla testa.
    Meglio l’immobilismo, meglio le cose solite.
    eppure da loro dovrebbe partire la “rivoluzione”, dal loro scommettere su una scuola moderna ed efficiente, dal loro essere auspicabilmente in possesso di visioni strategiche a lungo periodo nella scuola dell’autonomia, nel loro coraggio di fare sperimentazioni locali e poi conforntarsi con altre scuole e altre reti scolastiche per stabilire cosa sia oggi la qualità del fare scuola, lato organizzazione e lato didattica.
    Credo che stare fermi sia la cosa peggiore.

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  4. Anonymous

    Potrei essere uno di quei “dirigenti impauriti”dalla massa di responsabilità ,non certamente uno che non comprenda l’importanza delle nuove tecnologie nella scuola.Dirigo un circolo didattico di scuola dell’infanzia e primaria,con docenti che nel 90% dei casi ha più di 50 anni e poco propensi,dunque,ad un uso appropriato, nella didattica, dei modernissimi mezzi di comunicazione,anche se da qualche tempo il numero di coloro che sanno almeno “usare”un pc è andato aumentando.Eppure io,64 anni, uso il pc da 15 anni circa,so navigare in Internet,accedo alla Rete per le mie ricerche,ho un sito web ed un blog,sono aperto all’innovazione. Ho il rammarico,però, di non riuscire a motivare adeguatamente i docenti,nonostante i numerosi corsi di formazione,i PON ecc.Ciò che manca è la capacità di formare docenti che sappiano “usare”il pc a fini didattici,non soltanto per assegnare la ricerca che prima si faceva sulle enciclopedie.Mi volete dare qualche suggerimento?Pietro

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  5. Giorgio Jannis

    Ciao Pietro
    non credo sia possibile formare i docenti alla didattica con le TIC.
    Ovvero, secondo il mio punto di vista, la formazione dovrebbe riguardare le “persone”, dovrebbe portare tutti a diventare appunto abitanti digitali, le quali poi facendo leva sulla propria professionalità (di formatori, in questo caso) sapranno piegare gli strumenti e gli ambienti online a finalità didattiche. Perché quello è il loro lavoro, e gli insegnanti dovrebbero saper fare il loro lavoro.
    Se le formazioni miisteriali o regionali o locali continueranno a essere progettate e “somministrate” come corsi di addestramento agli strumenti, non otterrai mai il cambiamento che ti aspetti nella mentalità dei docenti, perché non hai modificato i comportamenti. E abitare la rete non è qualcosa che puoi insegnare come insegni a usare la moka per fare il caffè, è qualcosa che riguarda appunto i comportamenti umani, i valori, la reputazione, la fiducia, l’accesso alle fonti informative, la pubblicazione e l’espressione di sé su Luoghi di socialità digitale, la privacy… di queste cose è fatta la didattica con le TIC.
    I docenti non devono “usare” (uso le tue parole) i PC e il web, devono abitarci dentro. Loro stessi devono avere un blog personale, uno di classe, un aggregatore, provare a usare twitter per vedere a cosa serve, avere un account su un social network per comprenderne il significato sociale: poi il risvolto educativo e didattico discende, ho fiducia.
    Suggerimenti. fai usare, usa nella tua scuola, strumenti e ambienti social: fai proliferare i blog personali e dei docenti e d’istituto e di classe, alimenta personalmente e fai alimentare i commenti con provocazioni e segnalazioni, coinvolgi la scuola nelle conversazioni con il territorio, falla riflettere su cose territoriali, porta la scuola fuori e il fuori dentro. Usa e fai usare le mappe di GoogleMaps, falle abitare dalle persone, promuovi progetti che prevedano la progettazione e la pubblicazione dentro le mappe (nei segnaposti) di materiale originale, e rendilo disponibile a tutti, che tutti possano interagirci, incrementando la conoscenza complessiva posseduta dall’organizzazione lavorativa.
    Promuovi Luoghi di scrittura collaborativa, fai realizzare documentazione audiovideo (su argomenti curricolari oppure territoriali) senza che poi finiscano su un dvd chiuso nel cassetto, ma progettato da subito come materiale la cui naturale destinazione sarà youtube, nell’account che aprirai tu o un tuo docente a nome della scuola, come spazio ufficiale della scuola.
    Abita la Rete, come Scuola, offri Luoghi di visibilità e di interazione, porta i genitori a frequentare attivamente i blog e i forum d0istituto, trova un tono interlocutorio che promuovo la conversazione (il dia-logo), non impostare la comunicazione su asimmetrie (l’ufficialità, il formalismo del burocratese) che non aiutano a tessere relazioni, coinvolgi la ocmunità educante tutta.
    Dal punto di vista strumentale, se cerchi in Rete “didattica e web 2.0”, per esempio, trovi decine di buoni esempi di didattica moderna. I programmi d0aula degli ultimi Fortic sono buone miniere di suggerimenti, ma la Rete tutta è da perlustrare (usciamo dall’autoreferenzialità della scuola… se guardi il post che stiamo commentando, ho utilizzato appunto strumenti per le aziende piegandoli al mondo della scuola) e troverai Luoghi ma soprattutto persone che già da molti anni ragionano su questi argomenti.
    Risiedi in Regione FriuliVG? Mandaci una mail a info@nuoviabitanti.it, magari quattro chiacchiere potrebbero promuovere iniziative :)
    ciao

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