Chi si indigna?

Benissimo, egregio elettore di destra, dopo questa cosa incivile del decreto interpretativo per la riammissione delle liste escluse dalle Regionali non ti restano molti alibi.

O hai la testa, o hai la coscienza, o nessuna delle due.
Se hai testa e coscienza, è già un bel po’ che non voti questa destra.
Se hai la testa ma non hai la coscienza, opportunista mascalzone, voterai comunque destra per qualche tuo infimo e egoistico tornaconto personale.
Se hai una coscienza ma usi poco la testa, confido stavolta non voterai destra, perché anche un bambino di otto anni conosce l’importanza del rispetto delle regole del gioco. Puoi farcela, puoi astenerti.
Se non hai né testa né coscienza sei un animale da cortile, continuerai a votare come hai sempre fatto senza farti domande, quasi certamente voterai destra perché ti sfuggono i ragionamenti più lunghi di venticinque sillabe e questa cosa complicata che chiamano democrazia, a te che ti aspetti di essere comandato, in fondo ha sempre dato fastidio.

Non potendo quindi per certe personali scelte di vita porre le mie speranze di miglioramento sociale nella stupidità imprevedibile e incontrollabile di cui molti italiani danno segno quotidianamente, non mi resta che aver fiducia nel senso di nausea che i comportamenti degli attuali governanti auspicabilmente suscitano nei loro stessi elettori.
“Aver fiducia nella nausea” è esattamente la misura dell’inciviltà in cui ci dibattiamo.

4 pensieri su “Chi si indigna?

  1. Luca Peresson

    Ora,
    potrei fornire diverse ragioni a supporto della tua riflessione.
    Tutte più lunghe di 25 sillabe.
    Rendendo tale fattore pleonastico ogni mio altro commento mi limito all’assenso.
    Post esemplare.

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  2. Thomas

    Io non sono di destra, ma credo fosse impensabile fare diversamente. La sinistra se vuole vincere veramente non può farlo per ko tecnico…

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  3. Giorgio Jannis

    @Luca, ciao :)

    @Thomas, mah. Se seguo il tuo parallelo della boxe, trovo solo argomentazioni a mio favore. Il “tuo” candidato si è presentato alla prova peso segnando 95kg nella categoria dei 90kg, per esempio.
    Poi viene a dire che quello che conta è combattere, non la forma. Ma qui non siamo in una rissa di strada, la boxe è uno sport, ha le sue regole, che vanno rispettate in quanto tutelano *tutti* i partecipanti.
    Fuor di metafora, si chiama democrazia, è un insieme di procedure (la democrazia è una tecnica, sì) per garantire l’esistenza e la pratica di valori sociali per cui abbiamo combattuto. Le regole *sono* la democrazia.

    Si poteva fare diversamente, invece. Anche rimandare tutto, toh, sarò magnanimo. Ma di certo non agire con un decreto governativo che interviene in materia elettorale.
    Si aprono scenari spaventosi, se il tutto viene dichiarato incostituzionale o il DL non vine trasformato in legge e i partiti filogovernativi perdessero le elezioni, il governo stesso potrebbe dichiararle nulle, a esempio, e mille altre sfaccettature trovi in giro sui giornali e in rete in queste ore.

    Ma ripeto: il problema è prima. Non puoi in quanto governo cambiare le regole durante la partita.

    Per questo dò nel mio post come assodato il fatto vergognoso (riconosciuto peraltro anche da molti di destra, vedi qui Ciriani in Regione), e provo a riflettere invece sull’elettorato, sui ragionamenti e sulla coscienza delle persone che vanno a votare.

    Io voglio vincere proprio per ko tecnico, in senso stretto: una competizione leale, con voti espressi che premiano chi meglio sa convincere la gente sulla bontà del proprio progetto politico: non mi interessa demolire l’avversario, farlo svenire o ucciderlo, voglio solo batterlo secondo le regole.
    Ho fiducia nel voto, e per questo ragiono su chi va a votare.
    Guardo me stesso e certi pagliacci di sinistra, e mi viene la nausea, lo sai.
    Poi guardo anche gli elettori di destra, e mi interrogo sulla soglia del loro livello di nausea, visto che quanto è successo, giudico senza colori politici, è qualcosa che tutti e ognuno dovrebbero considerare vergognosa per la civiltà di un Paese.
    Queste elezioni sono il banco di prova per vedere quanto gli italiani (13 regioni) votano senza farsi troppe domande.

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