Magnum Opus

L’IA è tra noi, cognitivamente e esperienzialmente e pragmaticamente, un agente catalizzatore che innesca una modificazione alchemica radicale della società e della cultura umana imponendo una riconsiderazione dei fondamenti di conoscenza, apprendimento e produzione culturale. Abbiamo nell’Opera una ossidazione, calcinazione, sublimazione dell’intero sapere dell’umanità, quindi una morte, una trasformazione e una rinascita dell’alchimista stesso, nel suo cammino verso l’individuazione. L’assunzione di una posizione neutrale è impraticabile; è necessario pronunciarsi ora per una integrazione consapevole e critica di queste entità macchiniche, del destino tecnologico di una umanità che è sempre stata tecnologica, altrimenti non sarebbe. Scimmie con un bastone e un linguaggio.

Occorre un’altra volta superare la dicotomia tra apocalittici e integrati, dibattito sempre più sterile, dove ogni esitazione nell’adottare strumenti IA per la produzione editoriale o l’apprendimento appare come una difesa di rendite di posizione che nulla ha a che vedere con la qualità della conoscenza, e dobbiamo riconoscere il potenziale dell’IA senza cedere all’acriticità. Ogni artefatto antropico e culturale mai realizzato va considerato nutrimento essenziale per lo sviluppo di IA globali e condivise. Davanti a noi c’è un futuro in cui LLM accessibili a tutti costituiscono il subconscio dello scibile, dove la Rete ne è l’infrastruttura e il sistema operativo dell’umanità, dove emerge la coscienza come autonarrazione, dove la conoscenza non deve più essere appannaggio di élite, ma patrimonio comune garantito per tutti. Gli strumenti non si limitano a velocizzare l’editing o a suggerire correzioni stilistiche: organizzano, sintetizzano, esplorano lo sterminato scibile umano ora in grado di accrescersi esponenzialmente, rendendo la conoscenza accessibile, navigabile, personalizzabile. Le specializzazioni inevitabilmente potranno essere soggette a logiche di mercato, ma l’accesso al sapere di base – l’accesso alla Rete, l’accesso ai motori generativi – va garantito come diritto inalienabile dei cittadini, tutelato da agenzie pubbliche e leggi fondate su diritti della persona, perché la conoscenza è un bene comune come le biblioteche o l’acqua o le reti tecnologiche.

Internet ci ha mostrato che ciò che importa è la capacità di generare significato e suggestioni di testo, immagini, brevetti, opere architettoniche con scoperte e invenzioni, non la presunta autorità di chi li ha prodotti. Mi interessa cosa dici, non chi sei. Mi interessa l’intelligenza connettiva e collettiva, la partecipazione del consorzio umano alle decisioni sulle strade da percorrere. L’auctoritas è un feticcio obsoleto, un ostacolo al progresso della conoscenza. Anche un premio Nobel può errare. Il sapere non è questione di titoli, ma di validità, rilevanza contestuale, considerazione degli effetti del mio dire e fare, capacità di illuminare il reale, condivisione e controllo intersoggettivo.

L’abbondanza straordinaria di dati supera da decenni le nostre capacità di elaborazione. Negare l’accesso a questa ricchezza ora resa visibile dalle IA equivarrebbe a voler cercare di imbrigliare le sorgenti di un fiume dove l’acqua, la conoscenza, troverà comunque la sua strada. E noi siamo assetati di conoscenza. Solo nutrendo le intelligenze artificiali con il patrimonio collettivo dell’umanità – senza riserve, senza recinti – potremo trasformare la società della conoscenza in una società della comprensione, scenario dove la qualità dell’informazione e della conoscenza emerge dalla libera circolazione delle idee, dal confronto aperto e pluralistico, dal discernimento critico individuale. Non relativismo, non determinismo, ma riconoscimento che la ricerca della verità – sempre asintotica, approssimata, epistemologicamente vagliata – è un processo dinamico e collettivo, un work in progress condiviso e intersoggettivo, tra umani e macchine, tra umani e oralità, e scrittura, e stampa, e media elettronici, e LLM e estrapolazione statistica di occorrenze pertinenti, dentro sempre mutevoli isotopìe interpretative del senso della narrazione situazionalmente collocata in una enunciazione presente, concreta, reale.

Il futuro mostra un algoritmo pronto a inglobare e rielaborare l’intero patrimonio intellettuale dell’umanità, e a tutto dovremmo dargli accesso, con finalità eticamente individuate e con metodi rispettosi, certo non monetizzato ingordamente da piattaforme finanziarie già al di là dei sistemi legislativi mondiali. Altrimenti un’altra volta si tratterà di cercare di governare il processo d’innovazione e trasformazione della specie umana – come le filiere industriali, l’energia elettrica, la chimica ottocentesca, il nucleare, i mass-media, il digitale e internet – cercando di orientarci al progresso sociale, all’emancipazione e a una società più giusta e consapevole, magari meglio di come abbiamo fatto in passato.
La mia generazione ha avuto il compito di traghettare lo Scibile e la Cultura umana, l’essere e il fare, nei territori e nelle relazioni interpersonali gruppali e collettive del Digitale, esplorando e redigendo le prime mappe per chi con il digitale in quei territori elettronici ci è nato: ora l’avventura -già della generazione nuova – sarà plasmare un futuro in cui l’IA sia un partner prezioso, un Aiutante nella nostra ricerca di significato, del senso dell’abitare degnamente su questo pianeta.

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