Ahahahha (c’è poco da ridere)

Qualche mese fa scrivevo per Bora.la questo articolo su Daniele Damele, già Presidente del Comitato Regionale delle Comunicazioni CORECOM del Friuli Venezia Giulia, cercando di indagare i motivi delle sue moraleggianti perorazioni vagamente censorie riguardo le libertà della Rete.
I suoi articoli infatti prendono spesso le mosse da gravi fatti di cronaca attinenti i reati di pedopornografia e dalla scoperta di relativi traffici via Internet di video e fotografie, da cui poi Damele giustamente indignato propugna le sue contromosse offensive.
Quando pone l’accento sugli aspetti educativi e sulla prevenzione, non posso che essere d’accordo.
Quando invece parla di limitare l’accesso alla Rete, oppure di eliminare il diritto all’anonimato (idea peraltro meritevole almeno di considerazione, sostenuta in modo bipartisan anche da persone che sul Web abitano da molti anni e sono competenti sulle conseguenze e sul significato etico e sociale di simile scelta) credo fermamente Damele stia sbagliando, e in questo caso si tratta semplicemente di due personali differenti e contrapposte concezioni sul significato del nostro antropologico abitare in questi nuovi Luoghi digitali, e rimane qui o altrove sempre aperto lo spazio di una discussione purché costruttiva e senza fette di prosciutto di San Daniele sugli occhi.

Ciò che in quell’articolo cercavo di esprimere era però soprattutto la mia contrarietà alla sua terza soluzione per contrastare la visione da parte di minori di pagine web inadatte, ovvero il ricorso a un dispositivo tecnico quale un filtro software alla navigazione basato su blacklist da installare sul proprio pc o su quello delle scuole. E dicevo chiaramente che posso capire le esigenze di un dirigente scolastico o di un genitore preoccupato, talvolta l’accrocchio può essere una soluzione, ma una certa etica della comunicazione mi spingeva a far notare che il modo con cui questo filtro viene promosso presso le famiglie e le Istituzioni non risultava affatto chiaro, non veniva spiegato il suo funzionamento tecnico, non si comprendeva se fosse qualcosa messo in vendita e a quali prezzi, non veniva data informazione sulla sua fallibilità e anzi veniva propalato come soluzione miracolosa.

Tra santi e miracoli, quante parole di chiesa sta usando quel materialista di uno Jannis, in questo post? Beh, questo è il punto. Il filtro Davide.it per la navigazione sicura è reclamizzato e venduto da un prete piemontese, Ilario Rolle, le cui risposte piccate sono presenti come commenti, insieme a quelle di Damele, anche sul post di Bora.la succitato, a cui ho dovuto rispondere punto per punto. Un prete paladino della lotta alla pedopornografia.
Il quale prete però è stato pochi giorni fa condannato a tre anni e otto mesi di reclusione, per atti di violenza sessuale su un bambino di dodici anni.
Che meraviglia, eh. Il prete che bacia sulla bocca un bambino, e poi si indigna per quelli che non capiscono la sua battaglia morale contro il marcio che c’è in Internet.
Va da sé, siamo in italia, aspettiamo tutti i gradi di processo prima di dirgli in faccia “sei una merda d’uomo”, nel frattempo leggiamo per contraltare le sue parole addolorate qui, per completezza d’informazione.
Parole addolorate come quelle del Papa contro i casi orribili di pedofilia e violenze nella chiesa d’Irlanda (e chissà nelle parrocchie italiane cosa succede da secoli), senza però scordarci che Ratzinger stesso è dal gennaio 2005 imputato davanti alla Corte distrettuale di Harris County, in Texas, per la copertura data ai membri del clero americano responsabili di abusi sessuali soprattutto su minori. Da che pulpito.

Nel frattempo mi aspetto Damele mantenga un certo silenziostampa sulle vicende del suo amico prete bacione, senza subito gridare al complotto da parte di giudici comunisti e anticlericali.

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