Google situazionale

Suzuki Maruti aka Enrico Sola forse per primo ha istituzionalizzato il giochino, giustamente nominandolo Anafore, per le sue qualità retoriche. Anafora, come ripetizione, ma soprattutto anafora come un richiamo a risalire il testo, verso qualcosa di precedentemente espresso.
Perché da una ricerca su Google si risale a tutto quello che è stato webpubblicato, e che contiene quelle parole.
Ma l’anafora, a esempio nello studio dei pronomi in quanto forme grammaticali, in quanto funzioni linguistiche, per le loro peculiari implicazioni nella filosofia del linguaggio, richiama spesso la deissi.
Belli, i pronomi. Sono la cerniera tra l’Io e il mondo, quell’interfaccia che si fa carico di rappresentare l’identità del parlante dentro il linguaggio, la voce presenza del corpo che situa il mio stare nella situazione enunciativa o comunque narrativa, quell’essere che è un dire di essere, quel dire che è stabilire “io sono”.
Come i pronomi, la funzione deittica del linguaggio questo fa, lega il testo al contesto, lo situa nel tempo e nello spazio, lo immerge e lo incarna nelle concrete relazioni interpersonali, negli universi del discorso.
E questo a me viene in mente quando vedo i suggerimenti che Google stesso, soglia significante di squisito valore gangherologico, fornisce all’immissione delle parole di ricerca, o di alcune lettere.
Trattandosi presumibilmente delle parole chiave maggiormente digitate in ciascuna lingua, quelle tracce d’aiuto che compaiono d’improvviso non solamente rimandano ai pertinenti contenuti testuali alloggiati in Rete, ma ci permettono uno sguardo quanto alla rilevanza che assumono per le persone che li cercano, per l’istantanea sull’immaginario collettivo, per il risvolto antropologico immediato: i suggerimenti di Google sono una sonda gettata sulla realtà, e l’aleatorietà della contestualizzazione innesca innumerevoli fughe narrative nel lasciarci immaginare deitticamente gli scenari di vita, i drammi e gli affetti di milioni di persone.
Non disdegnerei neanche il valore cogente dei suggerimenti offerti: per essere presenti in seguito all’immissione dei termini di ricerca, quei completamenti sono senza dubbio statisticamente significativi, rappresentando sicuramente ciascuno il risultato di milioni di ricerche già effettuate. Siamo sempre in pars pro toto, metonimia dove la parte sta per il tutto e ci permette di trarre inferenze, ma i numeri in gioco situano il giochino ben al di là del campione rappresentativo: a meno che Google non intevenga nella modalità di presentazione, credo si tratti veramente di una fotografia fedele dei pensieri e degli interessi di metà degli italiani (il che permette anche di comparare nazioni tra loro, e vergognarsi di quello che mediamente gli italiani cercano in Rete, ovvero puttanate televisive).

Qui ho messo un po’ di esempi.

3 pensieri su “Google situazionale

  1. Piervincenzo

    Il mio esercizietto combinatorio sugli items jannici:

    DIMMI, TESTO
    Se è vero che ci sei testo
    Allora come stai, io me la cavo bene
    Quanto amore sei, testo!
    Quante persone ci sono nel mondo,
    quanti i metalli classificati:
    perché si tradisce,
    perché mentiamo con gli occhi e ci vergogniamo coi piedi.
    Chi era costui,
    chi ero nel passato?
    Come d’incanto,
    dove si vola, testo?
    Cosa vuoi che sia, testo?
    Quando nasce un amore, testo,
    quale amore?
    Quali sono i numeri primi,
    da quanto tempo esiste l’uomo?
    Per quanto sta in te,
    da quanti giorni è composto un anno?
    Per quanti anni vanno conservate le bollette?
    Cerco e trovo
    Voglia di studiare,
    in che senso?
    Dove sono, nel mondo?
    In che modo i principi devono mantenere la parola data?

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