Qualche anno fa scrisse una cosa che si chiamava “I barbari”, e provava a descrivere i cambiamenti culturali epocali che stiamo vivendo, i nuovi modelli della conoscenza, i nuovi linguaggi dentro cui abitiamo mentre usiamo ancora parole vecchie, che non riescono più a raffigurare il senso esatto di ciò che intendiamo comunicare, non riescono più a cogliere il fluire degli accadimenti.
Oggi Alessandro Baricco, su Wired, ha aggiunto qualcosa a quelle riflessioni, un ragionamento sulla superficie e la profondità, sul senso nascosto delle cose. O meglio, sulla morte apparente attuale di quella tradizione culturale che ci spinge a cercare ciò che vale, le cose preziose, la Verità, nelle profondità dei discorsi o nell’oscurità di libri rari o in altri Luoghi esoterici, celati alla vista, astrusi, complicatissimi.
C’è da dire che l’umanità ha sempre vissuto con questa idea del sapere iniziatico, grammatiche magiche e sacre per leggere il senso segreto delle cose. Stregonerie rituali e iniziazioni, Parmenide e Pitagora, Misteri greci, Gnosi, alchimia, spiritismo, New Age e similia. Sulla superficie, alla luce, abbiamo la chiacchiera e le carabattole. Sotto, nell’oscurità, brillano le vere gemme, ma bisogna saper cercare, ed è faticoso. E forse non è nemmeno per tutti, né cercare né godersi il tesoro.
E questa nostra epoca, dove tutto è in superficie? E’ avvenuto un funerale, da qualche parte? Stiamo elaborando il lutto per la perdita di una dimensione? Cosa traghettiamo nel domani?
Da questi barbari stiamo ricevendo un’impaginazione del mondo adatta agli occhi che abbiamo, un design mentale appropriato ai nostri cervelli, e un plot della speranza all’altezza dei nostri cuori, per così dire. Si muovono a stormi, guidati da un rivoluzionario istinto a creazioni collettive e sovrapersonali, e per questo mi ricordano la moltitudine senza nomi dei copisti medievali: in quel loro modo strano, stanno copiando la grande biblioteca nella lingua che è nostra. È un lavoro delicato, e destinato a collezionare errori. Ma è l’unico modo che conosciamo per consegnare in eredità, a chi verrà, non solo il passato, ma anche un futuro.