La Grande Bellezza | www.jannis.it Udine

“La Grande Bellezza” è un’impronta

La grande bellezza

“La grande bellezza” è blablabla.
“La grande bellezza” non è la Grande Bellezza. È chiacchiera che ottunde e confonde. In quanto rappresentazione è sintomo: in particolare è impronta, indica ciò che non appare e non c’è, segno d’assenza.

Tutto quello di cui il film parla non può essere narrato, se non in quelle configurazioni discorsive di superficie affettivamente connotate dei primi piani, o suggerito negli scorci architettonici codificati di Roma, oppure delineato dai richiami estetici espliciti sapendo che la luce e il colore sono il primo attore di qualsiasi rappresentazione, oppure ancora schivato come la rabbia di una bambina che mette in scena la propria rabbia.

Come il protagonista vuol essere re della mondanità per avere il potere di far fallire le feste, così il film allestisce al massimo grado la scena della costruzione della bellezza, per poter da sé sabotare non la bellezza, ma il discorso della Bellezza, inattingibile questo quanto quella ineffabile.

Consapevole di essere trucco, metalinguaggio, messinscena di una rappresentazione senza cui non vi può essere narrazione, “La grande bellezza” è umile.

Sapendo di dover puntare sulla seduzione della Bellezza, sul mistero, fa leva sul nostro voler-sapere schivando scientemente il pericolo di un dover-sapere, ovvero di una provocazione come modalità di manipolazione del lettore. Altrimenti fallirebbe, negherebbe il proprio negarsi al mostrare.

Il film resta guitto e allude, altro non può fare per chiamarci a giocare con lui.
Fermandosi sulla soglia della promessa, dell’apertura al mondo, nella notte illuminata ritmicamente da un faro di assoluto essere qui e ora.

La narrazione filmica come la socialità mondana verbalizzata dai protagonisti tiene compagnia e bonariamente ci prende un po’ in giro, e qui non mi interessano i richiami sociologici all’extratestuale della decadenza. Quel che mi piace è che il film sappia di non essere Bellezza e provi italianamente a illuderci.

La Bellezza è altrove, come forse ciò che non può essere detto e deve restar silente, e il film è il dito che indica la Luna. Non di lui devo parlare, non mi ha stupito, non mi ha educato, non mi ha divertito, non mi serve, ma in fondo l’arte non serve nessuno e nessuna cosa. L’arte è futile. E in questo “La grande bellezza” riesce a essere animato di leggerezza.

(Originariamente scritto su Facebook, qualche mese fa)

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