Portone Jannis

De Jannis narratur

Portone Jannis

Mio padre ha un cognome diverso dal mio.

Qualcuno erudito quanto faceto penserà subito che “mater semper certa est, pater numquam”, ma vi garantisco che non è il caso.

Perché mio padre Italo è del 1935, va per gli 87 anni, sta benino e vi saluta. Quando nacque ci trovavamo in pieno periodo fascista, e forse ligio alle fascistissime leggi della normalizzazione alla lingua italiana era al tempo l’addetto all’anagrafe a Tricesimo – in Friuli abbiamo casi eclatanti e vergognosi di italianizzazione forzata di cognomi e toponimi. Quella J non andava proprio.

Nel corso degli ultimi trent’anni circa a mio padre è appunto venuta – e ora invecchiando viene anche a me – la curiosità di conoscere qualcosa della nostra genealogia, la storia del nostro cognome Jannis (sempre mio padre insistette all’anagrafe nel 1967 affinché con me tutto tornasse alla dicitura originaria, attestata).

Attenzione. Ci sono pochi Jannis in Italia.

A giudizio dell’una volta famoso sito Cognomix, che credo anni fa ricavasse le frequenze statistiche della diffusione dei cognomi in Italia dagli elenchi telefonici e ora non so, ci sono solo otto famiglie con questo cognome, di cui sei in Friuli e altre due in Lombardia; queste ultime sono formate da friulani emigrati dopo la seconda guerra mondiale, conosciamo i nomi e tutto può essere tracciato a partire da alcuni fratelli di mio nonno.

Curioso anche che sempre Cognomix dica che non ci sono in Italia famiglie che si chiamano Iannis (ma ce ne sono, e qui intorno siamo rami dello stesso albero).

Perché uno pensa che da Joannes latino o Jannis greco (Giovanni) sarebbero dovute giungere fino a noi molte famiglie con questo cognome, e invece niente. C’è qualche Janni, molti Ianni, questo sì.

Ma Jannis siamo solo noi.

C’era uno zio di mio padre che si dilettava di fantagenealogie: secondo lui la provenienza della nostra schiatta derivava o da un ambasciatore polacco giunto qui verso il Trecento per prestare servizio presso la Serenissima Venezia (ipotesi considerata minoritaria), oppure da un clan di allevatori di cavalli magiari, emigrati verso ovest dalla attuale puszta ungherese, sempre nei primi secoli dopo il Mille. Quest’ultima più romantica congettura ha sempre riscosso maggior credito in famiglia, anche perché corroborata dal fatto che gli Jannis hanno per secoli avuto a che fare con i cavalli, allevamento e commercio. Tradizione proseguita nel tempo fino a giungere a mio nonno Antonio detto Bepi e ai suoi fratelli, che avevano una macelleria di carne equina a Tricesimo: poi prima i fascisti e poi i partigiani gli hanno ripulito il negozio, costringendo tutti a dichiarare fallimento.

Peraltro nelle famose guerre e baruffe tra Zamberlani e Strumieri, ovvero nelle lotte di classe seguite all’occupazione del Friuli patriarcale e di Udine da parte di Venezia nel 1420 – resta famoso l’episodio della Crudêl Joibe Grasse del 1511 – gli Jannis sono annoverati ovviamente a fianco dei Savorgnan, quindi zamberlani in quanto commercianti e borghesi filo-veneziani, contrapposti alla nobiltà castellana di estrazione feudale.

Il nucleo abitativo storico degli Jannis pare fosse Adorgnano di Tricesimo: nella foto potete vedere il tuttora colà esistente portone in ferro battuto di fine Ottocento, dove la Pace e la Giustizia si baciano.

Oltre alle molte iscrizioni presenti nella tomba di famiglia a Tricesimo dove troviamo molti Nicolò e Francesco e Luigi e Teresa e Lucia e Giacomo e Vincenzo e Giovan Battista a partire da fine Settecento, queste sono le informazioni raccolte da mio padre nel corso degli anni.

1426 – “recevei da Colau Iani di Adorgnan per l lira di vueli, sol. V” (registro in friulano della Confratemita di S. Maria di Tricesimo).

1467 – “Janis de Adorgnan per fit de l’anno presente e del prossimo passato, paga star l de forment alla confraternita dei Santi Fabiano e Sebastiano di Tricesimo.

1534, 28 aprile – divisione dei beni tra Giovanni, Leonardo, e Andrea fratelli e figli del qm. Giacomo Ianis di Adorgnano.

1559 — Leonardo Ianis, di Adorgnano, abitante in Tricesimo.

1670 — pre’ Domenico Janis di Adorgnano

1681, 1 febbraio — muore nel paese di Aiello, a 30 anni di età, Paolo Janis di Adorgnano che viveva in quel villaggio facendo i mestieri di marangone e vassellaro (dal friulano antico “vassielâr” ovvero costruttore di botti per vino). A Paderno, vicino Udine, si era sposato con Menica Occhiali

1685 – Valentino Jannis, notaio in Tricesimo.

1750 — il sacerdote “pre’ Nicolaus Jannis de Adorgnano”.

Per la spiegazione si dovrebbe partire da Ian, forse abbreviazione di Gianni/Giovanni (che in friulano però era ed è Zuan) oppure di Cancian, nome molto usato in Friuli.Tuttavia Ian era anche antico nome femminile {forse in questo caso abbreviazione dell’antica forma obliqua friulana in -an del nome Lucia e cioè Luciàn), come testimoniato nel “Catapàn” di Pagnacco (obituario e registro catastale medievale)

1320 — obiit in Christo Georgius filius Georgii de Coll Grion et Ian mater eius”.

Ian era anche madre di Domenico che nel Catapan viene sempre denominato “Domeni Ian”.

Nel detto registro, che riporta anche parti scritte in friulano medioevale, si ricordano ad esempio Leonarda fila Domeni Iani, Chatarina e Zorzo fradis e fiis de Domeni Ian, Zulian figl de Domeni Ian de Pagnà, Nicolao e Catarùs nevodi de Domeni Iani, Zorzo fiol de Zuan .. e nevot de Domeni Ian”.

Quindi, in questo caso, Domeni ha assunto (oppure ha ricevuto come soprannome) il nome di sua madre Ian, per essere chiaramente identificato tra i vari Domeni del paese. In seguito, nel corso dei secoli, è diventato cognome trasmettendosi a figli e nipoti.

Il suffisso finale in -is (nel medioevo usato per i nomi maschili: es. Menis, Petris, Jacomis, ma anche nei nomi di persona femminili: Margaris, da Margherita, Vignudìs, da Vignuda, ecc.) indica una forma diminutiva ma anche, secondo autorevoli studiosi, un rapporto di parentela.

Per Adorgnano, sulla base delle attestazioni conosciute, il suffisso -is risulterebbe aggiunto tra glianni 1426 e 1467

Bibliografia

Giovanni Fantini, ricerche di Archivio sui cognomi del Friuli (ancora in corso)

Carla Marcato, “Profilo di antroponimia frulana”. ediz, 2010

Maruela Betramini, Flavia De Vitt, “I Catapan di Pagnacco. 1318 — 1589”, ediz. 2012

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