
L’ecolinguistica offre un quadro interdisciplinare per comprendere e contrastare le discriminazioni linguistiche, tutelare la diversità culturale e promuovere la giustizia sociale. La valorizzazione delle lingue minoritarie e la tutela dei diritti linguistici sono pilastri per la costruzione di una società più inclusiva e sostenibile.
L’ecolinguistica è un campo di studi relativamente nuovo, emerso negli anni Novanta dello scorso secolo, che si propone di analizzare il legame profondo tra linguaggio e ambiente. In sintesi, gli ecolinguisti studiano come la lingua di una comunità rifletta e plasmi il rapporto con l’ambiente naturale e culturale in cui ogni comunità vive. Questo rapporto in realtà racconta qualcosa di una storia secolare, di un dialogo ininterrotto tra una collettività umana e il proprio territorio di residenza, dove il linguaggio diventa specchio e motore di cambiamento, segno vivente dell’originale stile dell’abitare e costruire relazioni per ciascuna comunità di questo pianeta.
L’approccio ecolinguistico può essere ben compreso se incardinato su alcuni punti chiave concettuali e operativi: innanzitutto dobbiamo porre lo sguardo sulla relazione tra testo e contesto, ovvero sui modi concreti in cui i linguaggi quotidiani codificano e trasmettono conoscenze, valori e credenze legate all’ambiente circostante naturale e antropico, peraltro appunto in un modo sempre unico e autentico per ogni lingua esistita ed esistente su questo pianeta, per ogni comunità linguistica.
In secondo luogo, quale corollario, abbiamo la necessità di tenere in considerazione l’effettivo impatto psicologico e sociologico delle parole e delle grammatiche circolanti, ovvero come il linguaggio e i mezzi di comunicazione di massa influenzino il modo stesso in cui percepiamo e interagiamo con la realtà, nominando il mondo. Per esempio, l’espressione “tentacolare metropoli” suggerisce emozioni diverse rispetto a “ridente cittadina”, modificando fattivamente i comportamenti degli individui. Oppure capiamo bene che dire “la natura è una risorsa” già presuppone un mercato e uno sfruttamento, dove la “crescita” economica diventa lo “sviluppo”, soprattutto quando questo viene poi raccontato come “progresso”.
La diversità linguistica è biodiversità
Possiamo stabilire un parallelo, sfruttando simile approccio ecolinguistico, tra diversità linguistica e biodiversità: la scomparsa di una lingua significa la perdita di una preziosa conoscenza e di una visione del mondo legata a una determinata cultura e società, proprio come l’estinzione di una specie vivente rappresenta la scomparsa di un DNA prezioso perché unico, ritagliato dalla selezione naturale per essere il più adatto alla sopravvivenza in un dato ambiente.
La ricerca ecolinguistica non può non levare un grido contro la gravissima perdita di diversità culturale dovuta alla progressiva scomparsa di centinaia di lingue o alla graduale perdita della loro funzione comunicativa. Il “Libro Rosso Unesco delle lingue in pericolo” costituisce da tempo uno strumento importante, che ha spinto studiosi e ricercatori ad analizzare cause ed effetti di questo grave fenomeno.
Conseguentemente, diventa necessario giungere a pratiche condivise di ecologia linguistica per lo studio della vitalità e della sostenibilità delle lingue. L’obiettivo resta esplicito, nient’altro trattandosi che di promuovere politiche linguistiche condivise che favoriscano la promozione delle lingue minoritarie e la loro adattabilità ai cambiamenti ambientali, per la ricchezza culturale di tutti.
L’ecolinguistica è un campo di studio necessariamente interdisciplinare che si avvale di linguistica, sociologia, antropologia, ecologia e altre discipline per indagare la complessa relazione tra esseri umani, lingua e ambiente, dove questo legame si intreccia inevitabilmente con le dinamiche sociali ed etniche. Sappiamo bene inoltre come la lingua, strumento per descrivere e agire il mondo, contenga necessariamente in sé un riflesso delle strutture di potere e delle gerarchie sociali.
La relazione tra ecolinguistica e discriminazione sociale si manifesta quando giungiamo a osservare fenomeni culturali di prevaricazione o addirittura annientamento di gruppi sociali contraddistinti da peculiarità identitarie, di cui la lingua è il segno più evidente. Abbiamo allora una vera discriminazione linguistica fondata anche solo sul lessico utilizzato o sull’accento dato alle parole, e questo può accadere in contesti lavorativi, scolastici o nella vita quotidiana. Chi parla con un accento regionale può essere visto come meno intelligente o competente, nell’opinione comune.
Ecolinguistica e potere
Per poter agire contro queste ingiustizie dobbiamo essere in grado di riconoscere le ideologie, le credenze e le strutture di potere che legittimano la discriminazione linguistica e la disuguaglianza tra gruppi sociali, comprendendo fenomeni come la marginalizzazione di lingue minoritarie, l’imposizione di una lingua dominante e la perdita di biodiversità linguistica: sotto sotto vi è sempre una sorta di etnocentrismo linguistico, ovvero la tendenza a considerare la propria lingua e cultura come superiori a quelle degli altri, congiunto a un colonialismo culturale talvolta decisamente aggressivo, se non addirittura violento.
Un approccio ecolinguistico serve per smascherare ideologie, false coscienze, egemonie culturali spesso misconosciute alle stesse comunità linguistiche di riferimento. Precisi codici linguistici costituiscono il linguaggio della sottomissione, gli strumenti innanzitutto concettuali del discorso egemone delle classi dominanti, e dell’elaborazione di una “falsa coscienza” negli strati sociali, mascheramenti e infingimenti di cui è difficile accorgersi e liberarsi, essendo profondamente incisi nella costruzione delle nostre identità come individui e come comunità.
Proprio qui si manifesta la necessità di elaborare e tenere sempre desta l’attenzione per una analisi critica del discorso – sulla scorta degli studi di Michel Foucault – per mettere in luce le relazioni che intercorrono tra il Potere e i messaggi circolanti finalizzati all’informazione e alla formazione delle persone e delle comunità, svelando precise caratteristiche strutturali dei testi, come la gerarchia degli argomenti trattati, gli espedienti retorici utilizzati, il tipo di argomentazione e la caratteristiche espressive.
Raggiunta la consapevolezza su questi meccanismi – che vivono spesso nelle aree grigie del non-detto delle pratiche linguistiche quotidiane – possiamo grazie all’ecolinguistica procedere al disvelamento delle dinamiche di potere, decostruendo quelle stesse ideologie linguistiche che legittimano la discriminazione e la disuguaglianza. Attraverso l’analisi del discorso e delle pratiche linguistiche dominanti è possibile identificare i luoghi discorsivi (del discorso pubblico, della politica, dei media) dove viene praticata esclusione e marginalizzazione di determinate varietà linguistiche.
Nella sua più piena manifestazione, l’analisi critica del discorso pubblico comprende l’analisi di qualsiasi discorso che abbia potenziali conseguenze negative per il futuro degli ecosistemi, come nel caso della teoria economica neo-liberista e della costruzione discorsiva del consumismo, delle questioni di genere, della politica, dell’agricoltura e della natura. L’analisi eco-critica del discorso non si limita a focalizzarsi sullo smascheramento delle ideologie potenzialmente dannose, ma cerca attivamente rappresentazioni discorsive che possano dare un contributo sostanziale ad una società ecologicamente sostenibile.
Vi sono certo azioni concrete che si possono intraprendere o che si sono già intraprese, sempre con garanzie legislative e soprattutto coperture finanziarie adeguate per sostenere attivamente le politiche linguistiche: le lingue minoritarie vanno innanzitutto incluse nei programmi scolastici, nei media e nei contesti pubblici, per il loro riconoscimento e la loro valorizzazione.
Con campagne di comunicazione istituzionali, incardinate su politiche linguistiche che garantiscano il diritto di ogni individuo di usare la propria lingua in modo libero e dignitoso, possiamo lottare contro i pregiudizi linguistici, sensibilizzando l’opinione pubblica sui danni della discriminazione linguistica, confidando invece nella promozione della diversità linguistica, incarnando atteggiamenti di rispetto verso tutte le lingue e le culture.
Pubblicato originariamente qui su Il Passo Giusto